mercoledì 28 dicembre 2016

LEGAMI D'AMORE

Sono rimasta molto colpita dalla scomparsa, a solo due giorni di distanza, di Carrie Fisher e sua madre Debbie Reynolds. Un legame, il loro, molto stretto, di amore e sofferenza che le ha unite tutta la vita, fino all'uscita di scena, loro due, donne di spettacolo, una dopo l'altra, in punta di piedi, per non separarsi mai più. Il legame madre figlia è uno dei più potenti e ambivalenti. Ci si scontra, si prova a detestarsi e a rinfacciarsi a vicenda colpe presunte, a fare a meno l'una dell'altra, ma a prevalere è sempre l'amore, un'amore a volte dolente, a volte esasperato, affannato, urlato, ma potente e indistruttibile. Nel bellissimo film "Cartoline dall'Inferno", tratto da un libro autobiografico di Carrie Fisher, con le splendide Meryl Streep e Shirley MacLaine, il legame d'amore madre figlia è magistralmente rappresentato. Anch'io con mia madre ho avuto un rapporo complicato e ambivalente, ma negli ultimi anni, prima che se ne andasse, ho riscoperto la tenerezza e il perdono, anzi più che di perdono, che implica pur sempre una colpa, parlerei di  cancellazione del debito. Non c'è stata nessuna colpa, nessun debito. C'è stato amore. E quello non si può cancellare.





Dentro di me

Nelle cellule del mio corpo

Tutte

Scorre la tua vita

In altre forme

Che si rivelano

Se solo mi metto in ascolto

Il mio vibrare

Ascoltando una romanza

Io che amo il rock

La mia voce che chiama “Amore”

Quasi identica alla tua

(Io che chiamo me

Con la tua voce

“Amore”)

I miei pollici

Il taglio degli occhi

Le caviglie sempre più ossute

La nostalgia perenne

La malinconia al mattino

Le pagine della sera

Il rifugio della notte

Finalmente serena

Come se il sonno e i sogni

Fossero i guardiani

Del dolore

Le mie parole

Perle da sgranare

In gioco greco

Le lenzuola da piegare

Sovrapponendo gli orli

Spianati con le dita

A fare una carezza

I gesti

Quelli semplici

In cucina

La tovaglia

Anche se sola

A colazione un frutto

Il pane da spezzare

Lentamente con le mani

Raccogliendo le briciole

Una a una

A non sprecare tesori

L’acqua nel bicchiere

Riflessi e trasparenze

Questo tu sei ora

E mi colori

Addolcendo il mio lutto








giovedì 22 dicembre 2016

CIO' CHE CI RENDE UMANI



Ciò 
che ci rende 
umani non è la fretta
smisurata nei gesti e nell’affanno
e neppure l’accumulo di cose/relazioni/
immagini/luoghi da visitare in tempi rapidi
da bravi collezionisti /non è il troppo pieno 
delle case negli armadi/nelle dispense e nella testa/
 di pensieri precotti/indotti /stereotipati/subliminali ad
accenderci la smania di dire/fare/comprare/apparire/possedere/
 esibire/ ma l’umiltà di ammettere/sono stanco/ho paura di andare/    

il frastuono mi protegge dal mio vuoto/sono solo/ ho bisogno di contatto  
quello vero/di mani e sguardi che si sfiorano/di pace e di silenzio/di alberi 
e animali a ricordarmi la mia
 umanità/perché  non vada 
smarrita
e
mi 
faccia
abbracciare
i miei
fratelli

AUGURI!!!
             







martedì 13 dicembre 2016

LA PASSIONE SILENZIOSA DI VIVIAN MAIER



Vivian Maier (1926 - 2009).


Questa storia mi commuove. Una donna a N.York che fa la tata. Una vita comune. Una vita solitaria. Ma ogni giorno, per 50 anni, cammina per le strade, prima e dopo il lavoro, e scatta foto ai passanti, di tutti ceti sociali.  Non le stamperà mai e mai vedrà il risultato del proprio lavoro. Vivere l’attimo, senza pensare al dopo, e fermarlo con una foto, centinaia di foto, migliaia e migliaia. Solo per la gioia, pura, incondizionata, di scattarle, in un flusso continuo di creatività che altro non chiede se non di essere semplicemente vissuta, senza pensare al risultato. Nessuna forma di narcisismo, di autocompiacimento, di attaccamento, di brama. E’ un caso, credo, più  unico che raro. Che mi fa amare questa donna, libera, totalmente libera, e piena di passione. Non avremmo mai conosciuto la sua sterminata produzione, se per caso, un acquirente a un’asta, non avesse comprato un baule pieno zeppo di rullini fotografici. Un tesoro. Grazie Vivian Maier. Per aver custodito per così tanto tempo un segreto. Che ti ha reso, immagino, felice. Chissà che storie raccontavi ai bambini dei quali ti prendevi cura. Mi viene da pensare che fossero storie avvincenti e umane. Come quell’umanità, che tu fotografavi, con occhi puri, libera da pregiudizi, bella nella sua autenticità, sincera.


 Ti prendevi la tua libertà
Per le strade

Ogni giorno

Prima e dopo il lavoro

Volti

Gesti

Sguardi

Catturati

Come in una caccia

Senza spargimento di sangue

Solo un clic



Ti bastava



Neanche le stampavi

Quelle foto

Un rullino al giorno

Per cinquant’anni

Migliaia e migliaia

Vorace



Ti bastava



In quella luce

Bianca e nera

Riposavi la tua solitudine

Loro non sapevano

Ma ti erano fratelli

E li hai consegnati all’eternità

Con i tuoi scatti

Un regalo

Mai ricevuto

Ma basta il pensiero

Non credi?



Ti bastava



Tornare a casa

Sola

Avendo fatto il tuo dovere

E non avendo sprecato

Un’oncia di vita

Anche se non era la tua



Ti bastava


































martedì 6 dicembre 2016

QUESTA E' LA MIA STAGIONE ( Due poesie)



Questa è la mia stagione

Freddo e passione

Occhiali nuovi

A caccia di regali

La casa è d’oro e bianca

Il vuoto da riempire

È più ovattato

A proteggere da spilli

Cuscino da abbracciare 
Come un pupazzo

Dalle orecchie di coniglio

Un compleanno

Che aprirà le danze

Al riparo dagli affanni

Tutto scorre

Lasciamo andare

Tronchi

Foglie

Oggetti smarriti

Ricordi da impilare

In un bunker di velluto

A forma di cuore rosso

Con la chiusura a strappo

Come le scatole dei cioccolatini

Uno a uno da scartare

Non ne restano molti

Alcuni li ho divorati

Senza assaporare

Altri li ho sciolti

In bocca

Lenti

Si tratta adesso di barare

E ingannare il tempo

Come una danza di Pina Bausch

Apparentemente immobili

In attesa di quel soffio

Che ci fa muovere

Ci fa respirare.






 Quelli che sanno com’ero
Le mie gonne corte

I lunghi capelli lucenti

Gli occhi splendenti

Per gli amori in corso

Le pene

Che duravano poco

Consolate dai viaggi

Gli ostelli

Dalla grandi finestre

Il futuro

Che sembrava

A portata di mano

I miei genitori

La casa

Il bagno color blu cobalto

Mio nonno dagli occhi di mare

Li chiamo fratelli

Io che fratelli non ho

Mi hanno vista

Ascoltata

Abbiamo condiviso la gioia

E le notti a parlare

Con la gola secca

Fino all’alba sul fiume

E quando li sento o rivedo

So che la memoria

È protetta

Al riparo

Nessuna minaccia

Di assenza

L’oblio

Non avrà  spazio

Né voce in capitolo

Nessuna partita vinta